Ero lì che scrivevo il discorso di benvenuto dell'umanità agli alieni, la cui venuta mi dicevano essere imminente. Non so per quale recondito motivo, ma mi comunicarono che sarebbero giunti di lì a poco atterrando direttamente a Linate.
Ah ah - pensai - è per questo che hanno rifatto la pista dell'aereoporto due anni fa, dunque qualcuno sapeva.
Come vi dicevo ero lì, precisamente da Starbucks (STAR....coincidenza? Io non credo), che scrivevo il discorso che avrebbe accolto gli alieni sul nostro bellissimo pianeta. Un'ora prima a dirla tutta, stavo semplicemente facendo colazione, quando a un certo punto una ragazza si siede accanto a me. Non aveva nulla con sé, né un cappuccino, né un caffé. Nemmeno un croissant. Mi sorrideva e basta. Oddio, mi sorrideva in maniera strana, non dico forzata ma sembrava voler comunicare altro. Mi guardai attorno e non feci in tempo a tornare su di lei che erano in due. Accanto a lei si era seduta la controfigura di John Belushi, e con tanto di occhiali da sole.
"Buongiorno." Fece l'uomo, sorridendo. Non compresi subito che fossero insieme, poi si presentarono.
"Buongiorno Alberto." Aggiunse la ragazza."Hai sentito parlare di noi più volte... ti confermiamo che è tutto vero, dall'inizio alla fine."
"Non è un caso infatti se l'8 Agosto 2009 in Gibbosa Calante tu abbia visto una delle nostre astronavi alle ore 22.05. Ricordi?"
"E io ero a bordo." Disse la ragazza mentre John Belushi poggiava una ventiquattrore sul tavolo.
"Perdonatemi, ma con chi ho il piacere di parlare?" Chiesi cercando di mostrare la loro stessa freddezza, ma venne fuori più qualcosa del tipo "Co-co-con chi-chi chi... ma chi chi chi siete voi?"
"Agente Meyer." Disse subito l'uomo misterioso. "E lei è l'agente Meyer 2." Continuò indicando la ragazza. "Un mio surrogato, ma questo sono certo tu l'avessi già capito."
"Surro..."
"Gato. Con una t sola. Altrimenti miagolerebbe." E scoppiò in una gelida risata. Poi tornò serio. "Vedi Alberto, non tutte le specie aliene sono pacifiche come la vostra."
"Pacifiche? Ma se siamo dei guerrafondai."
"A dirla tutta siete degli imbecilli non dei guerrafondai, e capisci che è molto diverso da un punto di vista di invasione pre-coloniale. Considera che ci sono specie aliene capaci di attaccarci brutalmente, prima ancora di spiegar loro cosa sta succedendo, ecco perché faccio uso di un surrogato come Meyer 2." La ragazza sorrise. "Dovresti vederla in azione."
"E .... e scusate, cosa starebbe succedendo esattamente?"
"Ecco, gli alieni che vi hanno creato migliaia di anni fa, quelli che alcuni di voi identificano col nome di "Bianchi", stanno per tornare in questa Galassia. In un certo senso daranno il cambio ai pleiadiani, o ai nordici come li chiamate voi, quelli che hanno dato origine alla discendenza di Atlantide." Belushi prese il mio caffé e ci guardò dentro. "Mi segui?" Fece alzando gli occhi.
"C-c-c-erto... quello è finito. " Gli feci notare indicando il bicchiere. "...se vuoi ne ordiniamo un altro?"
"Noi dobbiamo preparare il terreno ai Superiori affinché si possano palesare nel giro di pochi giorni. Non abbiamo molto tempo." E mi ripassò il bicchiere di caffé, incredibilmente pieno, caldo e fumante.
"Grazie Alberto, ma non bevo caffé."
"Lui non beve affatto." Aggiunse ridendo la ragazza surrogato.
"Ah."
"Ci serve che qualcuno come te scriva il discorso di benvenuto sul pianeta Terra."
"Avete detto pochi giorni?" Chiesi basito.
John Belushi prese il polso del surrogato e lesse l'ora sul suo orologio. "Forse anche poche ore. E visto che siamo in tema, è ora che tu scriva il discorso, Alberto." E tirò fuori dalla valigetta carta e penna. "Un discorso onesto, spontaneo e ospitale."
"Ricordi come si usano carta e penna?" Chiese la ragazza.
"Una volta completato il discorso verrai contattato da Meyertré." Aggiunse Belushi.
"Un altro surrogato?"
"No, Meyertré si chiama proprio così."
"Tutto attaccato." Aggiunse il surrogato.
"E come lo riconosco?"
"Tutto a suo tempo, Alberto." Fece l'uomo dietro un sorriso malizioso prima di mostrarmi una penna a sfera con una lampadina sul tappo.
Di quello che successe subito dopo non ho un ricordo molto lucido. E così, scrissi il mio discorso di benvenuto. Suonava abbastanza bene, era musicale, pacifico e allo stesso tempo fermo. Non ci privava della libertà e concedeva margini di miglioramento a questa nuova Joint Venture intergalattica. Andai a casa, aggiustando ancora un paio di cose alla fermata dell'autobus. Giusto un paio di verbi, l'incipit e allungai il brodo sul finale.
Facile pensai. Da grande dovrei fare discorsi di benvenuto a pagamento in giro per le galassie, magari mi troverò a scrivere per i grigi il discorso di benvenuto all'armata dei rettiliani, chi può dirlo. Insomma rimuginai sul testo per un giorno intero, aggiustai ancora alcune cose e poi tornai da Starbucks sia la mattina che il pomeriggio. Ma di Meyertré non v'era traccia. Tornai il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. Poi esasperato mi recai a Linate.
Ma nulla.
Tutto scorreva regolare e nessuna specie aliena stava invadendo la Terra.
Così andai a mangiare un panino al bar dell'aereoporto. Mi sedetti nel primo posto libero e cominciai a mangiare col discorso davanti.
"Egregi Bianchi. Esimi. Illustrissimi creatori dell'umanità tutta. E' con vivo fermento che ci prepariamo alla vostra venuta da secoli ormai, tanto che alcuni di noi non ricordano più chi debba venire o persino per cosa ci stiamo preparando. Ma il passaparola funziona benissimo. Altissimi, noi non vi conosciamo, ma con un pizzico di fantasia vi immaginiamo bianchi. Bianchi e intelligenti. E vista la vostra intelligenza, sarete già dotati di Green Pass, che in onore al colore della vostra pelle chiameremo White Pass. E questo sarà solo uno dei tanti onori che vi concederemo purché voi, facendo fede a questa nuova Joint Venture creatori-creato o se preferite padre-figlio, aggiustiate un poco l'imbecillità umana. Noi non ci offenderemo, anzi. Vi aiuteremo a mostrarvi quanti più imbecilli affinché possiate identificare il prima possibile cosa è andato storto quella notte."
M'interruppi a metà lettura per via dell'altoparlante. Una voce femminile gridava aiuto, poi si udì una colluttazione, un crepitio nel microfono e per due secondi andò via la luce in tutto l'aereoporto. Quando tornò la luce il barista che mi aveva servito il panino aveva cambiato espressione. La signora di fronte a lui urlò dopo aver visto i suoi occhi cambiare colore.
"Scusate." Feci rivolgendomi a loro. "Sto cercando di finire il discorso d'apertura per accogliere i Superiori, ma se continuate a url..." A quel punto la luce andò via del tutto. Il barista salì in piedi sul bancone e poi cadde a terra esanime. La signora venne morsa al braccio dalla cassiera, che a sua volta era morsa da un passeggero in partenza per Roma.
"Santo cielo!" Imprecai. "Il mio volo per Roma sta per partire!"
(continua...)